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Filippo Luini

Vedo non vedo è la nuova collettiva presentata allo spazio milanese The Lone T il 9 giugno, con le opere di Ilaria Bombelli, Rachele Maistrello, Valentina Sommariva, Agne Raceviciute e Lorenzo Scotto di Luzio. La mostra ha una particolarità: ti vede come curatore invece che come artista. Com’è stata per te l’esperienza di questo ribaltamento di ruoli e come ti sei approcciato alla sfida curatoriale?

Filippo Luini: L’esposizione si è sviluppata in modo molto naturale, non avevo un’idea pregressa di mostra nel cassetto. Quando ci si addentra in un processo creativo ci si accorge che tutto quello di cui hai bisogno è già lì, vicino a te. Nella mia testa avevo una lista di artisti che ammiravo e di lavori con cui mi sentivo in profonda sintonia. E’ bastato tracciare idealmente degli insiemi per capire quali erano le opere che potevano entrare in relazione in modo felice. Il resto è venuto abbastanza facilmente di conseguenza, cosa di cui sono rimasto piacevolmente stupito.

Qual è il tema che accomuna i lavori in mostra? Ha un legame anche con la tua esperienza artistica o con tue ricerche passate?

Tutte le opere affrontano, più o meno consapevolmente, il tema del “costume”, inteso come linguaggio e nei sui molteplici significati: abbigliamento, usanza, abitudine, condotta morale. E’ una tematica che, senza volerlo, ritorna spesso nella mia ricerca. Il mio primo autoritratto raffigurava gli abiti che indossavo il giorno in cui l’ho scattato: non mostra la mia persona eppure dice molto di me. Mi interessa quella dimensione di affermazione di un’identità sottintesa dal costume: basti pensare alla forza che ha, in termini di significato, un abito da sposa, un velo o la mimetica di un cacciatore.

Negli ultimi anni ti sei spostato in luoghi diversi per studio e residenze. Quanto è importante questo tipo di versatilità per un artista contemporaneo? Riferendoti anche alla tua esperienza, quali rischi e quali opportunità si incontrano durante un periodo di residenza?

Durante una residenza un artista si può scontrare con il fatto che l’ambiente spinga il suo lavoro in direzioni difficili da prevedere prima di trovarsi sul posto. La versatilità richiesta è la capacità di mettere in discussione e trasformare la propria pratica a seconda dei contesti. E’ più di un adattamento ad una nuova situazione, e può risultare disorientante. Ad esempio, prima di partire per la Grecia per il progetto di Fondazione Fotografia sui migranti avevo pensato di realizzare un lavoro sul concetto di rotta marittima e sull’alternanza di albe e tramonti. Una volta lì, l’incontro con 5 giovani afgani mi ha fatto appassionare alla loro storia, che ho poi deciso di raccontare per immagini.

Filippo Luini, nato a Varese nel 1982, vive e lavora a Milano. Ha studiato al Master di Alta Formazione sull’Immagine Contemporanea di Fondazione Fotografia a Modena. Ha partecipato a varie mostre tra cui Unseen Collection, Unseen Photo Fair 2015, Amsterdam; Finalisti del Premio Fabbri per le Arti Contemporanee 2014, Pieve di Soligo (Treviso); Remain in Light – Festival della Filosofia 2014, Metronom, Modena; The Summer Show 2014 – Us, Foro Boario, Modena; 2013; Contemplative, PAC, Milano, 2013; Finalisti del Premio Prina 2013, Galleria Ghiggini, Varese. Residenze: 2014, Darat Al Funun, Khalid Shoman Foundation di Amman, Giordania.

Un autoritratto di FIlippo Luini.

© Filippo Luini 2016

27/06/2016