FUMAÇA | YULI YAMAGATA
‘Il gusto non è né buono, né cattivo, è solo gusto’. Con questa dichiarazione, Yuli Yamagata replica a facili e superficiali letture del suo lavoro come macabre, horror e disturbanti.
La fantasia è, invece, ciò che la guida come artista, nella progettazione prima e nella realizzazione poi, delle sue – complesse – opere e la fantasia è ciò che invita gli spettatori a utilizzare nell’osservarle e nell’entrare in relazione con loro, muovendosi nello spazio di mostra.
Spesso concepito come site specific per precise esigenze di allestimento, il lavoro di Yamagata tradisce un mix di rigore e raffinata attenzione al dettaglio della tradizione giapponese unito all’immaginario caleidoscopico al limite del post pop, della cultura brasiliana.
Fumaça, il fumo che esce e si innalza da un banale, precario e improbabile calzino, che quasi si mimetizza con lo spazio bianco del muro è una complessa architettura, un mix di elementi pittorici e oggettuali e rivela una concezione magica della scultura.
È magico, nel senso di potenziale e aperto a combinazioni e possibilità non logiche e sequenziali, il bozzetto dal quale Yamagata inizia a lavorare: il segno grafico, bidimensionale, sfugge alle caratteristiche dei materiali (resistenza, duttilità…) e, soprattutto, alle leggi di gravità.
Una volta realizzati materialmente gli oggetti, forme al limite dell’astrazione, il gioco, e appunto la magia, sta nel farli stare fissi e immobili nello spazio, pur mantenendo l’innata spinta al movimento e a una certa seducente e ironica precarietà.
Ciò che unisce i materiali diversi, li lega, li assembla e li disegna nello spazio, è il filo che Yamagata usa per cucire e letteralmente costruire le sue opere: affascinata dalla pittura, ma senza saper dipingere, impiega astrazione e pittorialismo nella scultura. Il corpo umano che seziona e ricostruisce nei suoi lavori dà origine a figure riorganizzate nei volumi e nello spazio. Affascinata dall’immaginario cinematografico degli anni Novanta – come Alien o Predator – trascende la violenza esplicita che li caratterizza per una sorta di sublimazione giocosa e intrigante.
L’esperienza personale, il dato biografico, è sempre il punto di partenza del suo lavoro, emozioni ed esperienze contrastanti, gioie e traumi, come la vita appunto. E il processo di creazione dell’opera è quasi un processo psicanalitico, non c’è un vero e proprio obiettivo ma si scopre, si modula e ci si lascia guidare dall’intuizione.
Yuli Yamagata
Fumaça, 2019
Lycra, filo da cucito, fibra di silicone, cavo, cemento e calzino di cotone, 200 x 30 x 30 cm
Installation view at Bergamin & Gomide Gallery, São Paulo, Brasil, photo by Ding Musa
© Courtesy the artist
17/06/2023