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KATIE TORN

GC: La tua pratica visiva è un patchwork visivo composto da diversi elementi, digitali e analogici, che formano complessi tableau vivant. Puoi raccontarci come si è evoluta nel corso degli anni?

KT: Ho iniziato come una pittrice che voleva diventare una regista.  Da studentessa universitaria ho seguito un corso di videoarte che mi ha fatto capire che potevo usare gli elementi dell’immagine in movimento all’interno di una pratica artistica più basata sullo studio. Ho iniziato a costruire sculture come set, a videoregistrarle e a manipolarle con semplici effetti al computer.  Quando mi sono laureata, sono stata introdotta all’animazione 3D dall’artista Claudia Hart, che aveva sviluppato una serie di corsi che utilizzavano la grafica computerizzata e gli effetti per realizzare “sculture virtuali” e “performance virtuali”.  Era esattamente quello che cercavo, perché si muovono letteralmente luci e telecamere virtuali come un regista, ma il processo è più meditativo, si può fare da soli e prendere decisioni visive sulla composizione, la luce e la forma, proprio come un pittore.  Il mio stile è emerso dal tentativo di fondere insieme il virtuale e il fisico per creare mondi in cui il virtuale è più tangibile e il fisico è immaginario.

GC: Nel tuo oeuvre artistico è possibile individuare anche riferimenti ad altre esperienze e tendenze: ad esempio alcuni dei volti mi hanno ricordato le illustrazioni di Fornasetti, ma è possibile anche scorgere dei rimandi al Surrealismo, ai manga, oltre ad una critica al consumismo. Quali sono e quali sono stati i tuoi riferimenti?

KT: Adoro il lavoro di Fornasetti! Sono decisamente in sintonia con l’idea di combinare le forme femminili in elementi di design. Da adolescente ho studiato pittura classica e ho passato ore e ore al Metropolitan Museum of Art a guardare la pittura figurativa. Sono sempre stata attratta dal Surrealismo. Mi piacciono soprattutto Max Ernst e Yves Tanguy.  Ernst è bravissimo con il grottesco, combinando forme naturali e sintetiche, animali e umane. Gli spazi e le forme che Tanguy crea nei suoi dipinti mi ricordano lo spazio virtuale infinito di un software 3D. Nel mio lavoro faccio riferimento all’arte del XX secolo, ma anche alla mia esperienza di crescita sollecitata dalla cultura consumistica americana.  La mia esperienza creativa da bambina è stata influenzata dagli spettacoli e dai giocattoli con cui giocavo. Mi piace sperimentare con l’estetica della Disney e di My Little Pony, ma usarla in modo da creare immagini che possono essere interpretate in modo offensivo. Penso che i manga e gli anime combinino molto bene il carino e il grottesco.

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GC: In @RealLifeCindy esamini il corpo e la tua persona attraverso una serie di filtri che ne deformano il viso e la corporatura aggiungendo dettagli vegetali come fiori, piante, ali, frutti esotici, in un ritratto quasi carnevalesco che ricorda molto le scomposizioni dei soggetti cubisti. In questa serie sperimenti diverse personalità di fronte alla telecamera, proprio come quando giochiamo con i filtri di Instagram. Come nasce l’opera?

KT: Hai ragione sul riferimento al cubismo.  Ho realizzato @RealLifeCindy dopo aver fatto un’altra opera intitolata Breath Deep, in cui ho creato una scultura indossabile in cui mi sono esibita per la telecamera. Mi interessa l’idea di usare il mio corpo come materiale scultoreo, creando così un personaggio che è sia umano che oggetto. Quando le persone usano i filtri su se stesse per i social media, è come se usassero il loro corpo come materiale per creare un’altra cosa che è una versione immaginaria di loro stessi. Combinano il reale e gli effetti per proiettare un’immagine in cui lo spettatore non è sicuro di dove inizi l’illusione. Con questo lavoro ho preso in giro le troupe che si vedevano su Instagram in quel momento, ispirandomi anche alla loro estetica.

Katie Torn, Breathe Deep, Video Still

Katie Torn, Breathe Deep, Video Still

GC: Il sociologo Benjamin Bratton definisce l’Utente come una “pluralità di agenti”, anzi una “posizione all’interno di un sistema” che abita plasmandolo a propria immagine, influenzato da fattori ambientali e sociali. I filtri di Instagram e piattaforme simili conferiscono all’utente la capacità di distribuirsi attraverso soggettività diverse nel tempo e nello spazio, sono uno strumento con cui plasmare la nostra immagine. Come si rapporta ciò al tuo lavoro?

KT: Penso che si riferisca all’idea che si possono usare alcune caratteristiche che ci definiscono per indicare che siamo noi, ma che si possono prendere quelle caratteristiche e usare strumenti per manipolarle per proiettare un sé “migliore” che si adatti a qualsiasi comunità di cui si aspira a far parte online.  In questo progetto esagero questa idea in modo che diventi quasi comica.

GC: Nella descrizione dell’opera @RealSelfCindy, affermi che @RealSelfCindy si esibisce davanti alla telecamera collegata a un social network per esaminare il suo corpo per scoprire il suo vero io. Chi è @RealSelfCindy e quale è il suo vero io?

KT: @RealSelfCindy è un personaggio, un alter ego.  Il suo vero io è ciò che la sua mente vuole che sia, svincolata dai limiti della sua forma fisica reale.

Katie Torn, @RealLifeCindy, Video Still

Katie Torn, @RealLifeCindy, Video Still

GC: Nel Digital Video Wall, @RealLifeCindy è organizzata, a livello visivo, in un modo ben determinato. La porzione superiore è occupata dall’immagine del tuo volto in grande, mentre quella sottostante è occupata dall’immagine d’insieme. Ci parli di questa scelta estetica rispetto all’orientamento verticale del Video Wall?

KT: Mi è piaciuta la sfida di dover adattare il pezzo al formato del video wall. Mi ha ricordato il gioco surrealista del cadavere squisito e mi è piaciuta l’idea di vedere il muro come un corpo unico composto da due immagini separate.

GC: Nella sua tesi di dottorato, pubblicata nel libro Arte e Social Media. Generatori di sentimenti, Kamilia Kard chiama appunto “generatori di sentimenti” quegli strumenti che nel mondo digitale ci aiutano a veicolare sensazioni e sentimenti, e tra questi include anche i filtri. Nella sua indagine, Kard attribuisce all’Utente la volontà di accettare passivamente la manipolazione logaritmica dei nostri sentimenti, come afferma, ma allo stesso tempo c’è un ruolo attivo anche, che conferisce all’Utente la volontà di utilizzare tali strumenti come mezzi espressivi. Trovo interessante questa dualità, passività e manipolazione attiva che ci rende spettatori passivi di modalità disparate di presentazione del sé e creatori di contenuti digitali. Che ne pensi?

KT: Penso che sia molto cibernetico.  Come utenti siamo esseri organici che provano sentimenti, ma comunichiamo attraverso interfacce macchina insensibili che organizzano milioni di pensieri e sentimenti in qualcosa di più semplificato che possiamo capire e consumare e a cui possiamo rispondere in modo emotivo.  Ci viene concesso lo spazio per essere individuali, ma dobbiamo esprimerci entro i confini di un sistema. Gli lasciamo prendere il controllo con la speranza e il desiderio di essere compresi e considerati importanti.

GC: Negli ultimi mesi si sta parlando molto del ruolo dell’intelligenza artificiale nella produzione di vari tipi di contenuti digitali, e spesso ci si dimentica come in realtà il suo ruolo sia molto incisivo sulle modalità di fruizione dei contenuti online. Gli algoritmi di piattaforme quali Instagram e TikTok plasmano letteralmente le nostre preferenze, chiudendoci da un lato dentro bolle omogenee che ci presentano contenuti estremamente simili, dall’altro influiscono sulle nostre modalità di presentazione. Puoi condividerci il tuo punto di vista? Come si potrebbe rapportare la tua pratica artistica con i diversi software di intelligenza artificiale che stanno popolando il nostro panorama mediale?

KT: Di recente mi sono iscritta a TikTok ed è stato interessante vedere che tipo di contenuti mi proponeva. Ha cercato di attingere ad alcuni aspetti fondamentali di me e l’ho trovato piuttosto spaventoso, ma anche noioso. È stato interessante vedere l’algoritmo che cercava di darmi quello che pensava volessi a un livello molto superficiale.  Sono su Facebook e Instagram da molto tempo e queste app mi conoscono molto meglio e hanno creato un circuito di feedback basato sulle mie preferenze.  Penso che con l’intelligenza artificiale siamo ancora a un punto in cui ci mostra i suoi difetti e questo è rassicurante per il momento.  Di solito riesco ancora a capire quali immagini sono state realizzate con l’IA, hanno un aspetto particolare.  Ho sperimentato un po’ con Stable Diffusion e Dall-E per creare collage digitali a partire da diversi spunti e alcuni risultati mi ispirano. Voglio capire come usare l’AI come materiale insieme agli altri strumenti digitali che già uso nella mia pratica.

 

02/03/2023

 

© Katie Torn, @RealSelfCindy, 2023, DVW Installation View, Metronom IT

© Katie Torn, @RealSelfCindy, 2023, DVW Installation View, Metronom IT